Storie da abitare

Casa Lucas

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Prologo

Mi chiamo Lucas. Vi ricorda una canzone? Allora siete più longevi di me. Io sono nata nel 1988 e nelle radio passava quella canzone di Suzanne Vega uscita l’anno prima… “My name is Luka”….  Si parlava sempre di case e di piani, ma non mi riguardava. Anche perché, quando sono nata, non ricordo che qualcuno mi abbia dato un nome. E non ero nemmeno come mi vedete adesso. Però sono sempre nello stesso posto. Mi trovate all’ingresso di Robasacco, dove finisce il nucleo storico e inizia la strada che sale a San Leonardo. Da oltre trent’anni, chi si sveglia dentro di me può aprire le finestre e vedere i profili delle cime del Sopraceneri e la vita nel piano di Magadino, dalle mura dei castelli di Bellinzona sin verso il Verbano. Mi chiamo Casa Lucas e sorgo al numero uno di via San Leonardo. Volete sapere come sono diventata così? Perché porto questo nome? Un passo alla volta, saprete tutto.

Capitolo I

Dai prati alle seconde case

Attorno a Robasacco, vicino al vecchio nucleo abitato, ci sono sempre stati campi, boschi e pascoli. Qualcuno suggerisce persino che il nome del paese significhi proprio che qui i frutti si raccoglievano a sacchi. Era un’agricoltura di collina, creata tra pendii non sempre dolci e benedetta dall’abbondanza di riali e rigagnoli in ogni dove. E dove c’è acqua, si sa, c’è vita. Poi il paese ha iniziato a spopolarsi. Diverse famiglie preferirono scendere al Piano, dove nascevano nuove attività, nuove occasioni di lavoro. Nello stesso tempo però c’era chi veniva da oltre le montagne per trovare un po’ di luce del Meridione, così quelle zone che per secoli erano state coltivate o lasciate a pascolo, quei verdi prati tra Robasacco e la chiesa di San Leonardo, iniziarono a veder crescere nuove case, quelle di chi voleva godersi tranquillità, serenità, pace, qualità della vita. Per la maggior parte, erano persone venite da oltre Gottardo, giunte per realizzare il sogno di una seconda casa in Ticino. 

Capitolo II

Ciao Theresia, benvenuti Marta e Christian

Come vi ho già detto sono nata alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, ma non ero così come mi vedete. Ero circa la metà e non ero così elegante. Ora sono a forma di L, mentre allora ero un edificio che andava solamente da monte a valle, seguendo il pendio. Davo l’impressione di essere scivolata giù. Adesso invece il mio profilo è in armonia con il luogo e la mia ampia facciata incontra lo sguardo di chi arriva da valle.

Cos’è accaduto? Qualcuno ha creduto in me. Sono stati Christian e Marta Rivola, lui era da sempre affascinato dal piccolo borgo di Robasacco.

Fu così che nel giugno 2011 la signora Theresia, che era la proprietaria, mi cedette a loro. Theresia, d’origine svizzero-tedesca, era giunta qui in cerca di relax e tranquillità, ma si sa, gli anni passano e cambiano le esigenze, perciò cercava una residenza su un piano solo, senza giardino. Una dimora meno impegnativa di me. Quando ha trovato un appartamento a Cadenazzo, mi ha venduto a MCR. Nel frattempo, Marta e Christian hanno comprato anche un terreno agricolo adiacente. Un terreno che era di Anna Maria Richina, un cognome celebre a Cadenazzo. Il padre, Rinaldo Richina, emigrò negli Stati Uniti negli anni Cinquanta, fece il cow-boy e poi tornò a Robasacco per ricoprire importanti ruoli nell’Amministrazione comunale e nel Patriziato. Un’icona del paese, con il suo cappello degno di John Wayne.

Capitolo III

Il viaggio a ritroso di Christian

Quello di Christian è stato un viaggio a ritroso. Un tempo, quando le epidemie colpirono le popolazioni che vivevano sul Piano di Magadino, quando prima della bonifica la malaria si diffondeva nei terreni paludosi della foce del Ticino, gli abitanti di Contone avevano trovato aiuto, assistenza e ospitalità da parte dei robasacchesi. 

Gli avi di Christian, i Rivola, che un tempo vivevano a Contone, negli anni erano passati da Robasacco per poi scendere a Cadenazzo. Christian ha invece fatto il giro inverso. Nato a Contone, è cresciuto a Cadenazzo e ha poi scelto di diventare proprietario di case e terreni a Robasacco. Ne ha visto le potenzialità, ha voluto trasformarle, riattivarle e offrire l’opportunità ai suoi inquilini di vivere in case con l’anima. Per inciso, a proposito di corsi e ricorsi, dal 2004 Robasacco si è fuso con il Comune di Cadenazzo, diventandone una frazione. Ma torniamo a me. Cos’è successo con l’arrivo di Marta e Christian?

Capitolo IV

Una nuova costola

Christian è un architetto, perciò con il suo studio, l’atelier ribo+ di Cadenazzo, ha pensato come ristrutturarmi e ampliarmi valorizzando l’intera proprietà e il comparto.

Per prima cosa ha voluto ampliarmi. Io mi sviluppavo da monte a valle. Per dirla in modo tecnico: perpendicolare alle curve di livello della morfologia. Christian ha avuto l’idea di farmi spuntare una costola alla mia sinistra (guardando il monte). A dire il vero più che una costola è un vero e proprio nuovo edificio che mi ha trasformato con una pianta a L.  

Con l’aggiunta del nuovo edificio la mia facciata si allungata ed è stata coperta di elementi lignei. Perché? È un richiamo al rapporto tra uomo e legno, quello che ha caratterizzato per secoli questi territori. Un segnale di naturalità, di qualità (è legno svizzero!). Esteticamente mi piace molto, perché sembra una sorta di diga, in grado di inserire un equilibrio nella visione del pendio scosceso alle mie spalle. Dona respiro, toglie la vertigine.

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Capitolo V

Dalle vigne alle marmellate

Prima ancora di costruire la mia “costola”, Marta e Christian hanno però pensato di darmi un po’ d’aria. Il bosco stava avanzando sempre più. Situazioni simili sono avvenute in molti territori in Ticino: il bosco un tempo era una risorsa, così come le aree a prato, ora appare al massimo un problema. Il più delle volte, semplicemente, lo si dimentica. Invece sul terreno alle mie spalle le piante in eccesso sono state tagliate, le rocce ripulite, i sentieri riscoperti, i riali valorizzati. 

Il bosco aveva invaso i terrazzamenti che un tempo ospitavano un vigneto, oggi quelle opere, frutto di generazioni lontane, sono tornate ad avere un senso. Al posto delle vigne scomparse è stato piantato un frutteto. Vedo i giovani alberi da frutto colorarsi di candidi fiori in primavera per poi dare succosi frutti. Marta e Christian hanno tenuto per loro la raccolta, una produzione di nicchia, a km zero, che trasformano in squisite marmellate con il marchio MCR Terroir. Dolci sapori che diventano ambasciatori della passione per un territorio. Mi piace l’idea che quei frutti che vedo maturare dalle mie finestre, giorno dopo giorno, finiscano poi su una tavola lontana, spalmati a colazione per il sorriso dei bambini.

Capitolo VI

Un giardino per San Leonardo

Anche il mio rapporto con il contesto è cambiato. La via san Leonardo è stata valorizzata con l’innalzamento di un muro di controripa in pietra. Sopra è stato piantato un filare di 7 cipressi. È un richiamo a un percorso spirituale, religioso, un invito a salire verso la chiesa di San Leonardo per scoprirne il giardino storico. Il sagrato della chiesa è, infatti, iscritto nell’inventario ICOMOS dei giardini storici ticinesi. La chiesa esiste almeno dal XIII secolo e fu ampliata a fine Cinquecento con l’aggiunta di un campanile a vela. Al suo interno si trova un pregevole crocefisso ligneo che ha la particolarità di rappresentare un Gesù Cristo calvo. La chiesa di San Leonardo era un punto di riferimento per la fede popolare. Prima di chiamarsi Robasacco, questi luoghi erano identificati con il nome di San Leonardo. La chiesa era vista come un luogo sacro tra le selve. Un luogo di devozione. Ho in mente le parole di Diego Invernizzi: “Sguscia dai sentieri un alito di fede, spinto dalla brezza di Contone: saluto astratto avvolto in uno scialle di preghiera.

San Leonardo si unisce alle campane in un abbraccio di pace”.

Capitolo VII

L’acqua e la roccia

Nel mio giardino spiccano rocce particolari: hanno un colore rossastro e sono  tipiche della geologia di queste zone. Christian ha voluto che fossero ripulite, che diventassero una delle testimonianze del legame tra edifici e territorio. Perché la pietra fu per secoli il materiale con il quale di edificarono le case di Robasacco. E anche perché queste rocce ferrose, miste ad argilla, sono la testimonianza dell’ultima grande glaciazione in Ticino. Ci ricordano che il mondo non è sempre stato come ci appare, che la Natura lo ha modellato in migliaia, milioni di anni, ben prima che iniziassero a farlo gli umani. Come in tutte le case di MCR anch’io sfoggio tre lastre d’ardesia conficcate a formare un triskelion. Se volete sapere la storia del perché la potete leggere qui.

Sapere invece qual è la grande cesellatrice della Natura? L’acqua. L’acqua scava, erode, leviga le rocce e il terreno e nel farlo dona un elemento essenziale per la sopravvivenza delle piante e degli animali. Togliete l’acqua e addio ecosistemi. Ecco perché mi sento fortunata. Perché il confine del mio terreno verso Robasacco è segnato da un vivido riale. Nella parte a monte del terreno, dove è stato creato un belvedere per una sosta contemplativa, vi è pure un accesso al corso d’acqua, un luogo segreto dove lasciarsi ipnotizzare dal suono dell’acqua di una piccola cascata. E c’è acqua anche a lambire le mie mura. Un piccolo riale occasionale separa la parte edificabile da quella agricola. È stato campato e incanalato sotto la casa sino a via San Leonardo. Perché l’acqua può essere una risorsa ma anche un problema. Occorre saperla conoscere, prendersene cura, non darla per scontata, valorizzarla, e lei ti ripagherà, ti offrirà i semi del futuro.

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Capitolo VIII

La Via del Ceneri

Prima vi ho parlato di un belvedere. È una sosta con panchina, realizzata sul mio terreno, ma aperta anche a chi percorre il sentiero soprastante. Ma attenzione, quel sentiero non è un sentiero qualunque, fa parte del percorso della Via del Ceneri. È un itinerario escursionistico, turistico e didattico al contempo. Unisce Cadenazzo al passo del Monte Ceneri, dove è stata creata la simbolica Piazza Ticino, unione di Sopraceneri e Sottoceneri. Lungo il suo percorso vi sono numerosi pannelli che ricordano l’epopea vissuta in queste terre. Di qua passava l’antica Strada Francesca che portava chi giungeva da oltre Gottardo verso l’Italia. Per secoli fu percorsa da viandanti, mercanti, pellegrini, eserciti, e nei suoi boschi si poteva incorrere nell’assalto di banditi. Poi arrivò la ferrovia, l’autostrada, e tutte queste trasformazioni del territorio le potrete apprendere se percorrerete questo antico itinerario, che oggi vive di una vita nuova. Voi che avete piedi buoni approfittate di questa opportunità di vivere il territorio con il giusto passo.

Epilogo

Un nome che sa di futuro

E così, dopo questo viaggio per i sentieri di Robasacco e oltre, rieccoci qui. Oggi ospito, nei miei tre appartamenti, degli affezionati inquilini. Famiglie, single, ognuno può trovare la sua dimensione. 

Alla fine, però, non vi ho ancora detto perché mi chiamo Lucas. L’avrete intuito, a chiamarmi così sono stati Marta e Christian. È il secondo nome di entrambi i loro figli: Tima ed Eary. E anche del loro nipote Edy.

Quando mi hanno preso e hanno iniziato a trasformarmi hanno voluto immaginarmi come un esempio di potenziale da riattivare. Loro però sanno che non tutto è stato già espresso, che vi saranno altre opportunità in futuro, nuovi possibili ampliamenti. E sanno anche che qualcuno dovrà passare il testimone e qualcun altro saper cogliere l’eredità. Servirà mantenere l’equilibrio tra costruito e non, tra bosco, edificabile e agricolo. Occorrerà diventare ambasciatori della nuova Robasacco. Quella del 2030, del 2040, del 2050 e oltre. Quella che vuol battere come un piccolo cuore al centro del Ticino. Per questo mi chiamo Lucas. Perché rappresento le nuove generazioni. Perché sono sempre pronta a parlare al domani.